lunedì 14 novembre 2016

Referendum costituzionale: non in nome della spending review!

Si torna a parlare di elezioni, di riforme e di referendum. Cominciamo dall'elezione del prossimo 9 ottobre del Consiglio della Città Metropolitana di Roma che ha sostituito l'ente Provincia in nome della tanta agognata spending review. Un'elezione che potrebbe passare in sordina, tanto non siamo noi cittadini dei 121 comuni della provincia di Roma a dovercene occupare. 

Questo diritto non ce lo abbiamo più, sono i nostri rappresentanti eletti in Consiglio comunale che votano e sono loro che faranno parte del Consiglio metropolitano. Considerati i numeri esigui di affluenza alle amministrative, è facile immaginare quanto questo Consiglio possa essere realmente espressione della volontà della cittadinanza!

Il prossimo 4 dicembre si vota invece per il Referendum costituzionale. Senza entrare nel merito del quesito, di cui peraltro parliamo all'interno del nostro giornale, la riflessione è unica: non ci lasciano decidere! Partiti e movimenti si arrogano il diritto di decidere per noi. Stiamo così demandando ai nostri rappresentanti la fine del presunto bicameralismo perfetto, abbagliati dall’idea di un referendum pro o contro il premier.

Ma allora perché chiamare in ballo i cittadini e dire loro che se votano per il Sì non potranno più eleggere i senatori? Verrebbe da dire, ma fino ad oggi li hanno eletti i cittadini? Non dimentichiamo che il sistema elettorale fino alle scorse democratiche elezioni politiche era il “porcellum”, mentre il sistema elettorale in vigore necessita già di un ritocchino sia che al referendum vinca il No sia che vinca il  Si!

Se al Senato andranno i rappresentanti delle Regioni, in molti insinuano che si risparmieranno dei soldi, poco importa se non saranno più i cittadini a eleggere i senatori. Da anni si fa una campagna contro gli stipendi esosi e irragionevoli dei nostri parlamentari, sarebbe giusto che fossero pagati molto di meno e che la politica non fosse un mestiere ma una vocazione per fare il bene del Paese e del popolo, ma per questo non ci vuole una riforma costituzionale.

Prima di decidere, gli italiani hanno il dovere di studiare o almeno di riflettere sul perché i nostri padri costituenti, all'alba della Repubblica, hanno inserito nella Carta Costituzionale il referendum (e dunque chiamato in ballo la volontà popolare) per la modifica della nostra Costituzione. Dopo questa riflessione, serenamente si può decidere se lasciare le cose come stanno oppure no. Non è un referendum a favore o contro Renzi, non è neanche un referendum tra conservatori e riformisti, è il nostro referendum che potrebbe toglierci, se è questo che vogliamo, qualcosa che i nostri Costituenti ci avevano dato: il bicameralismo perfetto.

Ma quanti italiani rifletteranno su questo?


In realtà, è facile prevedere che molti lettori presi dalla confusione non voteranno, e chi voterà si lascerà guidare dalla parte politica di riferimento. L'italiano medio potrebbe rispondere solo a quella parte del testo referendario in cui gli si chiede la riduzione del numero dei parlamentari e il contenimento dei costi di funzionamento della costituzione. In tutto questo la soppressione del Cnel gli farà un baffo, dirà uno in meno! E la Riforma del titolo V della Costituzione? Non c'è tempo per leggerla! E il bicameralismo perfetto? A voi lettori le conclusioni.
Angela Francesca D'Atri (editoriale La Voce dei Castelli - ottobre 2016)

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