mercoledì 19 dicembre 2012

Uomini migliori

La terra sta collassando. Lo denuncia la scienza,ce ne rendiamo conto ogni giorno. I cambiamenti climatici, i tifoni, le alluvioni e persino i terremoti sono una reazione ai malefici dell’uomo. Forse i Maya era previgenti e probabilmente intuivano di cosa sarebbe stato capace l’essere umano per garantirsi la sopravvivenza. Può darsi che il mondo non finisca il 21 dicembre, ma quanto ancora ci resta? Stiamo correndo velocemente verso una meta impossibile. L’uomo volto all’eternità sacrifica il bene comune a costo della vita del pianeta e dei suoi abitanti. Qual è il fine, qual è la meta? Questo il grande interrogativo a cui solo la fede, l’illusione in un noumeno, riesce a dare una risposta che è una non risposta, perché nessuno è tornato indietro per dirci cosa c’è dopo la morte. Allora perché distruggiamo, perché cerchiamo di protrarre la nostra esistenza, perché inganniamo i nostri simili? E perché creiamo un mondo artificiale inquinando i fiumi e i mari, perché se continuiamo così andremo coperti con corazze ( molto aliene) con cui ripararci dalle radiazioni che sempre di più provocheranno tumori? Non abbiamo risposte. Possiamo solo sperare in un’involuzione di tendenza e in una rivalutazione dei valori umani, sperare che gli uomini cattivi si trasformino in buoni, che l’uomo torni a piantare alberi e fiori e a non sotterrare rifiuti tossici, far fiorire la speranza in quest’epoca buia. E visto che è Natale, possiamo anche sognare, sognare la vittoria dei buoni, dei pacifisti, dei visionari, degli artisti di chi crede nella magia delle piccole grandi azioni, perché questo mondo ha bisogno di uomini migliori. Angela Francesca D'Atri (Voi e Noi dicembre 2012)

lunedì 10 dicembre 2012

Aspettando la fine del mondo...

Si chiude un anno che è stato difficile per noi italiani, per noi europei. Il sogno di unire l'Europa cristiana sotto l'egida della moneta unica ha vacillato a colpi di spread durante tutto l'arco del 2012. E pian piano abbiamo cominciato ad abituarci a questo pazzo differenziale con i bund tedeschi, e a fare spallucce, rassegnati non solo al declassamento delle nostre economie, ma soprattutto costretti a perdere pian piano tutto il nostro potere d'acquisto. Forse, il disegno tracciato da un artista folle e sconsiderato era proprio questo: impoverire molti per arricchire pochi. Un anno difficile anche per le casse di alcuni dei nostri politici. La crisi ha colpito anche loro, se per far quadrare i conti e permettersi i loro vizi hanno dovuto pescare nelle tasche dei cittadini. C'è pure chi in barba delle sofferenze collettive ha osato dire che uno stipendio di 8 mila euro non basta! Molte famiglie oneste, invece, per arrivare a fine mese sono costrette a vendere i loro ricordi, come testimonia l'incremento dei “compro oro” ad ogni angolo, ad impegnare tutto quello che hanno dando nuovo impulso al monte dei pegni delle epoche più buie. Sembra morta la speranza. La speranza di un mondo migliore, di un maggiore benessere per tutti, di credere magari in una terza Repubblica che dia vigore all'Italia. A meno che il 21 dicembre, piuttosto che la fine del mondo porti l'inizio di una nuova era sotto un'ascendenza astrale positiva che risvegli in tutti i governatori del mondo i sentimenti altruistici e costruttivi ormai sopiti. Ma questo lo sapremo solo nel 2013. Con i migliori auguri. Angela Francesca D'Atri (La Voce dei Castelli - dicembre 2012)

giovedì 4 ottobre 2012

Feste e festini: ora la parola ai cittadini!

“No nos rapresentan!”, è la voce del popolo spagnolo, è il grido degli oltre 10mila indignados che hanno osato assediare il Parlamento, a fronte della pesante crisi economica. Non ci rappresentano. E a noi italiani, noi abitanti del Lazio, ci rappresenta una politica corrotta? Ci rappresentano politici che perseguono l'interesse personale e non pubblico? Il “caso Batman”, quello del “futuro è fiorito” (il suo), è solo l'epilogo di una corruzione a cui siamo tristemente abituati, un “magna magna” che finisce per disgustare solo le persone perbene. Siamo sicuri di essere stanchi? Siamo sicuri di voler mandare in archivio una tale maniera di fare politica? Mentre continuano a chiederci sacrifici, il Presidente Napolitano invita al rigore per il risanamento dei conti pubblici, c'è chi continua a sperperare denaro non suo a scopo privato, viaggi, collaborazioni, party. A livello nazionale, è fuori dubbio che il Governo Monti sia riuscito a dare dignità all'Italia, ma è altrettanto vero che non basta. Non basta se cresce la disoccupazione, chiudono le aziende, non ci sono prospettive di sviluppo, sale l'inflazione e diminuiscono i consumi. La democrazia richiede che il Governo sia eletto dai cittadini e in nessun modo un Governo tecnico può rappresentarci, ma rimettere in piedi il vecchio, qualunque sia la coalizione vincente, vuol dire far perdere l'Italia. C'è una folta schiera di gente perbene, persone libere, che non ha oggi una coalizione o un leader di riferimento, è questo il vero problema. Il dilemma è che c'è bisogno di un nuovo modello da seguire e di una nuova figura carismatica che possa affascinare con idee innovative e che sappia dare una nuova rappresentanza agli italiani. Oggi che diminuiscono anche i consumi dei generi alimentari, oggi che la recessione non fa investire e la disoccupazione uccide, oggi è importante riflettere non a chi dare il voto, magari al solito amico, ma agire in una prospettiva più grande, in nome dei veri valori. Le imminenti elezioni regionali, comunali a Roma e governative daranno la parola ai cittadini, ci auguriamo che sappiano parlare. Angela Francesca D'Atri - La Voce dei Castelli, ottobre 2012

martedì 11 settembre 2012

Roma: aperti per ferie!

Roma ad agosto aperta per ferie. Neanche a dirlo per scherzo! A parte qualche gelateria, tra cui quella a cui abbiamo preso in prestito il motto “Aperti per ferie”, serrande quasi tutte abbassate, studi medici, ospedali e uffici pubblici con orari ridotti. E i romani? Sempre meno abbronzati in fila ad agosto come a gennaio. Vista la crisi, molti hanno preferito non andare in vacanza o posticipare le ferie in bassa stagione quando i prezzi sono molto più invitanti. Altri sono partiti, almeno per la settimana di Ferragosto, lasciando strade semivuote in periferia popolate per la maggiore da anziani e stranieri pronti a lavorare con il solleone. Dunque Roma è andata in ferie ma meno degli altri anni, i dati raccolti sulla spazzatura ce lo dicono chiaramente. Nel giorno di Ferragosto sono state raccolte da Ama 1.373 tonnellate di rifiuti con un incremento rispetto al 2011 (1.232 tonnellate) e al 2010 (1.002 tonnellate). Chi ha scelto di non partire ha trovato nella capitale tutto quanto una vera vacanza possa offrire: relax e divertimento. Come dice Verdone "E' tanto bella sta città". Ad agosto il tempo scorre più lento, senza fretta si guarda quello che ogni giorno non si vede. Ci si sofferma sulle sfumature. Si tornano a fotografare i tramonti. Senza traffico e senza problemi di parcheggio sembra quasi di essere su un pianeta diverso. Si riscoprono i monumenti, si vivono parchi e ville e se fa caldo un tuffo in piscina, un morso al cocomero e una cucchiaiata di grattachecca. Se aggiungiamo poi che il mare del Lazio, stando ad una ricerca di Goletta verde, e' risultato essere meno inquinato di quello della Calabria, della Campania e della Liguria, non c'è da meravigliarsi se, parafrasando una gettonatissima hit dell'estate, molti romani abbiano preferito restare a Roma. Angela Francesca D'Atri - Voi e Noi, settembre 2012

Generazione di perduti

L'afa di agosto non ci ha fatto bene, soprattutto se a causa della crisi economica si è rinunciato alla vacanza, colpa della recessione, dell'inflazione e della disoccupazione che riguarda tutte le fasce d'età a cui si aggiunge adesso anche la poca voglia dei giovani di proseguire gli studi. Emerge, infatti, da recenti dati diffusi dai media, che un piccolo esercito di 250 mila italiani tra i 15 e 24 anni non hanno più voglia di studiare e non hanno un impiego. Sono i figli di una società in crisi, depressa, in balia di uno schizofrenico spread, della recessione e della mancanza di prospettiva. Alcuni sono i figli dei cosiddetti “furbi”, quelli che non pagano le tasse, che non rilasciano scontrini, che evadono. Ma ci sono anche i figli dei disoccupati, degli esodati, degli imprenditori che si suicidano. Mentre i vecchi si dicono pronti a tutto, almeno così filosofeggiano in discorsi da mercato, preparati finanche a rimangiare pane e cipolla, ortaggio dalle benefiche proprietà ma decisamente non goloso, i giovani fanno spallucce. Dovrebbe essere invece proprio questa generazione la fonte di un'energia di cambiamento. Ma la storia insegna: finché c'è pane non c'è rivoluzione, e senza rivoluzione non cambiano i valori e se non cambiano i valori dobbiamo tenerci la corruzione dilagante nelle istituzioni, l'inefficienza della burocrazia, lo sfruttamento e tutto quello che i benpensanti denunciano quotidianamente sui social network. Così il destino dell'Italia si consuma quotidianamente in una triste battaglia tra banchieri, scommettitori e agenzie di rating che ci tengono sotto scacco, che decidono finanche chi debba governarci a vantaggio di un'oligarchia e non dei molti governati. Il dato è uno solo ed è rapportato all'economia reale: l'Italia non cresce, siamo un paese in recessione. Può servire la lotta all'evasione fiscale ad abbassare le tasse? La risposta è sì. Possono servire le tasse a far abbassare lo spread? La risposta è ancora sì, ma è un gatto che si morde la coda, è come mettere una toppa su un jeans bucato. Senza investimenti e riforme non si crea futuro. E senza futuro abbiamo perduto un'altra generazione. Angela Francesca D'Atri - La Voce dei Castelli, settembre 2012

mercoledì 1 agosto 2012

Sognando la vecchia lira

Editoriale, La Voce dei Castelli, maggio 2012------------------- Gli occhi del mondo sono puntati sulla Grecia, dove la crisi sta mettendo a repentaglio finanche l'unica certezza di entrata economica rappresentata dal turismo, dilaniata com'è dagli scontri sociali. Con le imminenti elezioni di giugno, l'ipotesi di un ritorno alla vecchia e povera dracma potrebbe diventare una certezza, con la paura di alcuni e la speranza di altri di un effetto domino che potrebbe portare diversi altri Stati fuori dall'Eurozona. La svalutazione conseguente di una moneta, quasi cartastraccia, potrebbe fare la fortuna di coloro che hanno saputo ben vederci e a conti fatti, dopo aver sfruttato il passaggio dalla dracma all'euro, hanno bene investito i loro capitali, pronti ora a nuove speculazioni. Ma cosa succederà all'Italia se dovessimo tornare alla lira? Le ipotesi sono infinite. A trarne vantaggio sicuramente le imprese che si occupano di export, l'inflazione penalizzerebbe invece un po' tutti i consumatori con il rincaro eccessivo dei prezzi. Non ritornerebbero di certo i valori morali che taluni ottimisti vedono nelle sofferenze della vita, anzi potrebbe essere esattamente il contrario. Buttando una frecciatina alla politica, in Italia neanche il ritorno all'amata lira, ci allontanerebbe dai nostri vizi capitali. Non si assottiglierebbero poi le differenze sociali che l'euro ha incrementato, anzi, le divergenze potrebbero crescere laddove i grandi potranno comprare e i piccoli si potrebbero trovare nella triste condizione di dover svendere a poche lire quello che hanno acquistato con molti euro. Proseguendo su questo scenario apocalittico, cosa succederebbe se invece continuassimo a rimanere nell'euro? Nelle peggiori delle ipotesi, continuerebbero a crescere le tasse, tanto lo spread non si abbassa (chi ha fiducia nei titoli italiani?), le imprese continuerebbero a chiudere per debiti, disoccupati a iosa, con lo spauracchio del terrorismo. Continueremmo, però, ad avere in tasca una moneta forte e la possibilità, a voler essere ottimisti, di positivi risvolti con politiche di crescita volte a contrastare la recessione. Forse è presto, forse i tempi sono ancora poco maturi per ipotizzare un'inversione di rotta nella nostra politica europeista, forse è troppo azzardato dire che su questo potrebbe addirittura giocarsi la prossima campagna delle governative italiane. In ogni evenienza, è meglio non farsi trovare impreparati. Angela Francesca D'Atri

domenica 1 luglio 2012

Il calcio, l’unica passione che anima ancora gli italiani

E’ passato un decennio dall’entrata in vigore della moneta unica europea, un tempo lungo, ma che non è bastato a cancellare la nostalgia della lira. Del resto, l’insicurezza dei mercati alimenta sterili polemiche su cui si tornano a giocare gli interessi politici del nostro paese. Avviene questo quando la maggior parte dei nostri capitali sono fuggiti all’estero e nelle banche sono ormai custoditi solo gli scarni risparmi di tutta una vita della gente comune. Rimaniamo appesi alle sorti di uno spread misterioso, senza riflettere a sufficienza che da una parte è morta la politica, sprofondata sotto il dominio economico, e dall’altra è ormai evidente che senza un’unità politica e di difesa dell’Europa, la moneta unica è solo una finzione che fa gli interessi dei soliti speculatori. Aspettiamo immobili, nell’afa di luglio, come se il vento di cambiamento spirasse da solo, magari sperando in una soffiata di moralizzazione che, partendo dal nostro profondo, si riversi sul destino economico del paese. Ma a ben vedere, ognuno di noi è perso nel suo individualismo e morto è ogni sentimento patriottico. Il disgusto per la cosa pubblica ha raggiunto livelli altissimi e viviamo in un clima che possiamo ben tradurre in un “si salvi chi può”. Si salvi chi può e ci si accontenta di stipendi da fame, magari in nero, dopo essere stati licenziati. Si salvi chi può e si ruba sui prezzi, non emettendo scontrini fiscali. Si salvi chi può e ci si rifornisce di carburante solo il sabato, si compra ai saldi e si studia come testo sacro la reclame. Si salvi chi può, quando il calcio è l’unica passione che ancora anima gli italiani. Angela Francesca D'Atri

lunedì 7 maggio 2012

Stanchi di tutto, di chi ci scalda la solita minestra elettorale

Ci preoccupa la situazione economica del nostro Paese. Sta crescendo il numero dei suicidi tra i disoccupati e gli imprenditori afflitti dai debiti e dai conti che non riescono più a pagare. Sale l'inflazione, diminuisce il potere d'acquisto, non c'è nessuna prospettiva di crescita. E' allarmante come l'Italia che era la sesta economia mondiale sia scesa all'ottavo posto e si stia impoverendo sempre di più, con la previsione di una discesa di altri due livelli nei prossimi due anni. Il problema certamente andrebbe studiato da diverse angolazioni, ma quello che emerge nell'immediato lo si legge sui volti della gente che ogni giorno s'incontra per strada, nei negozi, sui mezzi pubblici, è tristezza mista a rabbia, rabbia per la nostra classe politica. Ormai la divisione è netta, il popolo odia la casta che ci avrebbe ridotto a quello che siamo, un popolo di gente che si arrangia, cassintegrati, precari, lavoratori in nero, sottopagati, con contratti di solidarietà, liberi professionisti con salari da fame, pensionati ridotti a mangiare alle mense dei poveri, giovani senza futuro se non quello di fare la valigia. La rabbia si alimenta nel silenzio. Del resto continuare a vedere i politici dalle mani sporche far parte di una élite litigiosa, nominata dai partiti, che invece di fare il bene del Paese si spartisce gli ultimi avanzi prima della fine, fa davvero rabbia. Questo mentre è già partito il countdown per le prossime governative: per alcuni l'autunno 2012, per altri il 2013. L'antipolitica cresce e intanto va cavalcata e a cavalcarla ci prova paradossalmente la stessa politica, la stessa casta, tanto per confondere le acque. Così per strada capita di leggere manifesti con slogan ad effetto del tipo “Basta le solite facce”, peccato che si stia parlando delle loro. La confusione fa parte del gioco, il fine è spingere l'elettorato, quello non ricattabile, a non votare. Non votare è invece solo lo scettro che si dà in mano alla casta. Votare è un diritto, più che un dovere, guadagnato con il sangue dei nostri avi. La protesta si può esprimere semmai nell'urna elettorale annullando la propria scheda. La redazione de “La Voce dei Castelli” si rivolge ai lettori chiedendo una presa di coscienza di quanto sta succedendo, non si può rimanere impassibili solo perché si è perso la speranza. E' sconvolgente apprendere che secondo l'Istat in Italia c'è un esercito di quasi tre milioni di persone definite “inattive” che non cercano più un lavoro, che non studiano, che non protestano in piazza. La nostra redazione ha deciso di non stare più in silenzio. Vogliamo farci portavoce della protesta di tutti cittadini onesti che hanno lavorato e creduto nel nostro Paese, di chi ha investito idee e risorse, studiato per un futuro migliore per sé e i propri figli. Il sistema attuale è fallito, corrotto non fa altro che corrompere chi vi accede, occorre fare tabula rasa e ripartire, ricostruire. Possiamo farlo con la nostra creatività di italiani anche senza l'aiuto delle noiose e solite facce. Discutiamone insieme. Aspettiamo le vostre proposte sul nostro account facebook. http://www.facebook.com/profile.php?id=100001509017838 Angela Francesca D'Atri (La Voce dei Castelli - maggio 2012)

domenica 1 aprile 2012

India: vicenda Marò verso la soluzione?


La vicenda dei due marò italiani imprigionati in India potrebbe presto concludersi con la loro scarcerazione. Almeno stando alle dichiarazioni alla stampa del premier Monti a Seul. Monti è riuscito ad incassare le rassicurazioni del Primo Ministro indiano Singh, il quale gli avrebbe prospettato una soluzione amichevole. Ma a un mese e mezzo dal sequestro dei militari italiani, un tantino di dubbio permane sull’efficacia della nostra politica estera, anche a voler essere il meno polemici possibile. Qualunque sia il destino di questi nostri connazionali non possiamo non interrogarci sul perché siano finiti in mano straniera e riflettere sugli errori della nostra politica. Quale sarebbe stata per esempio la sorte dei due marò se invece che italiani fossero stati britannici? Certamente la Gran Bretagna, a dispetto dell'Italia, sortisce una grande influenza sull’India anche per ragioni storiche. Qualcuno ha parlato di primo grave errore del governo Monti. Si è detto che i due militari del battaglione San Marco, a prescindere dal reato, dovrebbero essere giudicati in Italia. Altro dato che fa riflettere è il ritardo dell'opposizione del sottosegretario De Mistura al trasferimento in carcere dei due fucilieri. Noi sosteniamo la gravità di aver sottovalutato la vicenda dello sbarco a Kochi da chiunque sia avvenuta l'autorizzazione. Quel che rimane certo è che i nostri militari sono imprigionati in India per un reato che, se anche fosse stato realmente commesso, è avvenuto in acque internazionali, ma questo non fa demordere gli indiani che non vogliono l'interferenza nella vicenda dei nostri Ris. Così la matassa diviene sempre più intricata, mentre la stampa indiana rincara la dose sui nostri militari che sarebbero addirittura tacciati di terrorismo, avrebbero aperto fuoco sul peschereccio senza dare il minimo avvertimento. Ma allora chiediamoci: e se invece che italiani i due marines fossero stati americani, come avrebbero agito gli Usa?
Angela Francesca D'Atri
(La Voce dei Castelli, aprile 2012)

Intervista ad Alfredo Milioni, presidente Municipio Roma XIX

giovedì 1 marzo 2012

Un barlume di primavera


Qualcosa di nuovo nell'aria c'è, si percepisce un flebile zefiro che annuncia primavera. E' pensare che dopo la neve di febbraio, le notizie cattive sulla recessione e la crisi finanziaria, era inimmaginabile vedere seppur un minimo spiraglio di luce. Abbiamo ridato fiducia all'Europa. Questo, mentre cresce la povertà e mentre non è mai diminuita la corruzione, l'illegalità e il malaffare. A 20 anni da Mani Pulite ce sono molte di mani ancora da lavare. Tramonta intanto il sogno del posto fisso. Del resto, ci consola il premier Monti, il lavoro stabile è monotono. E a rimanere precari, aggiungiamo noi, non ci si annoia. Nel frattempo, si brucia il destino di tanti giovani sotto gli occhi della casta affamata e pronta a rubarci l'osso dal piatto. Che dire, rimaniamo un popolo approssimativo, spaghetti e mandolino, se persino sui siti istituzionali riusciamo a trasformare la traduzione in inglese del semplice formaggio pecorino in un “dog style”. Infine, a pensarci bene il dog style ci contraddistingue, basta ricordare l'emergenza neve, a come é stata gestita in alcuni comuni dei Castelli e soprattutto a Roma. Senza pale e senza sale. Meno male che è arrivata la primavera. Certo marzo è pazzerello... non dimenticate l'ombrello.
Angela Francesca D'Atri

lunedì 30 gennaio 2012

Tempi di rivoluzione. Ma cambieranno davvero le cose?



Il seme di rivolta che sta germogliando qua e là per l'Italia, ci pone di fronte a un interrogativo: chi raccoglierà i suoi frutti? Sarebbe auspicabile un nuovo potere, più giusto, in grado finalmente di rispondere ai bisogni di coloro che, fino ad oggi, hanno subito i soprusi del sistema. E se di albore di rivoluzione si tratta, la rivoluzione durerà? I tassisti bloccano le città, i tir rendono impraticabili le autostrade, i forconi di allevatori e contadini del sud si muovono agitati dalla fame. Il seme della rivolta c'è. E' vero. L'insoddisfazione circola sottovoce anche sui social network. In molti ce l'hanno con i privilegi dei politici, con le loro bugie, con i loro abusi, con le loro incongruenze e invitano a condividere liste nere di boicottaggio di Tizio o Caio. Ma chissà se davvero cambieranno le cose. Mentre il Governo va avanti con provvedimenti impopolari, a nord si ricompattano le Camicie Verdi, le segreterie dei partiti si organizzano già pronti da domani a riprendere le vecchie poltrone. Dappertutto è un coro di lamentele, una rabbia, però, già mista a rassegnazione che non crea alternative o prospettive di cambiamento. C'è chi lancia il sasso e nasconde la mano e c'è chi vorrebbe portarti in piazza per usarti a personale vantaggio per difendere la tal casta. Viviamo momenti confusi. Ma in questi attimi di confusione rigenerativa sembra davvero strano non sentire la voce dei giovani, di quelli che qualcuno ha chiamato “bamboccioni”, senza lavoro o sottopagati e costretti a precariato a vita. Ma dove sono finiti?
Angela Francesca D'Atri

martedì 10 gennaio 2012

2012




E' arrivato il 2012, l'anno catastrofico delle nefande profezie dei Maya. Per sapere se ci salveremo dovremo aspettare il 21 dicembre. Mentre, già da oggi, nessuno potrà salvarci dalle tasse. Lo Stato italiano probabilmente non fallirà nell'imminente, nonostante lo spread ci terrorizzi, perché siamo un popolo di risparmiatori e i nostri soldi serviranno a risanare in parte le casse a fronte di un altissimo debito pubblico, cresciuto in decenni e decenni di cattiva gestione della Res Pubblica. Gli italiani oggi sono tartassati, colpiti dalle esose tasse, dalla recessione, dall'inflazione. Molti hanno perso, altri rischiano di perdere il posto di lavoro, molte piccole aziende chiuderanno, altre fuggiranno all'estero, le mafie cresceranno, molti emigreranno. Ma come salvarci dalla catastrofe? Senza sbilanciarsi troppo, le varianti del resto lasciano spazio a diverse ipotesi, potremmo sostenere che finché avremo debito pubblico saremo in scacco della speculazione finanziaria. Ormai lo sappiamo. Se continuiamo a chiedere prestiti alle banche, quei soldi dovremo restituirli. In questo quadro drammatico, ci improvvisiamo tutti un po' economisti, e sappiamo che una moneta europea unica senza un'unità politica non può aiutarci. Questo accade da noi, mentre al di là del mare, poco più a Est, le cose stanno precipitando. In Grecia, ci sono già bambini che muoiono per la fame e per la mancanza di medicine. Ben venga in Italia la lotta all'evasione fiscale. I più onesti si dicono pronti a pagare le super tasse, seppure con uno stipendio di mille euro al mese, anche quelli con un conto in banca di poco superiore ai cinque mila euro soggetto ugualmente a tassazione e con una casetta piccola piccola in periferia tanto per pagarci una buona Imu. Però, senza un' Europa davvero unita politicamente, saremo sempre fragili. Senza alcuna prospettiva di crescita per questo Paese e senza volontà di premiare gli intelligenti e i meritevoli, la vedo davvero dura. In questo scenario difficile, dovremo senz'altro dare prova di avere capacità superiori. L'idea di qualcuno di investire in titoli di stato e di comprarci noi il nostro debito pubblico non era male, ma questo dovrebbe essere accompagnato dalla volontà di voltare effettivamente pagina. Senza un cambio di mentalità collettiva, si finisce per essere risucchiati nella voragine di chi, mal amministrando il nostro Paese, ci ha portato sull'orlo del precipizio. Meditate gente, meditate.
Angela Francesca D'Atri