martedì 18 marzo 2014

Free-news, informazione libera

L'Italia è un paese strano. Siamo liberi ma non troppo. Forse, per colpa di quel retaggio culturale che ci portiamo dietro dai famosi anni del fascismo, quando circolavano le cartoline con quel prezioso consiglio: “Tacete il nemico vi ascolta”.

Il nemico ci ascolta è vero. Poi, noi giornalisti, anche se non siamo tutti uguali, dobbiamo stare molto attenti perchè scrivendo, oltre a compromettere la vita delle persone, rischiamo di finire in carcere per diffamazione. Anche se è notizia delle ultime ore che la Corte di Cassazione, con una sentenza, ha esortato a non infliggere la galera al giornalista, ma solo multe nel caso di una tale condanna. E poi ci lamentiamo che  i giornali scrivono tutti gli stessi pastoni? Senza tralasciare che il giornalista deve sempre sottostare al potere dell'editore che controlla le informazioni, a riprova di ciò il caso eclatante dell'Ora della Calabria, il giornale addirittura non è uscito per impedire che una tale notizia trapelasse.

Chi, oggi, può dire di fare libera informazione? Solo coloro che, per una sorta di volontariato sociale, decidono di dare informazione nel pieno rispetto dell'articolo 21 della Costituzione. Coloro che sono liberi da implicazioni economiche, politiche, religiose o razziali. Quando ci sono interessi in ballo, per forza di cose l'informazione non è libera.  Ecco perchè, nel leggere una certa stampa, sembra ancora che vengano rispettate le veline di una ipotetica rinnovata agenzia Stefani. Perchè continuare a sovvenzionare i giornali? Forse per continuare a perpetrare quell'indissolubile connubio stampa-stato-mafia?

Free-news.it nasce con una forte valenza ideologica. Qui, non ci sono interessi da tutelare. Vogliamo un'informazione libera, capace di essere davvero un potere in mano alla gente comune. Perchè non è ammissibile che vi sia disinformazione in faccende che pregiudicano la vita collettiva, come è accaduto ad esempio con la vicenda dei rifiuti tossici che hanno inquinato  l'Italia intera e non solo la Terra dei Fuochi. Le conseguenze le pagheremo tutti. Qui, come in tantissime altre situazioni, la colpa è anche del silenzio-assenso degli organi d'informazione.
Angela Francesca D'Atri

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giovedì 13 marzo 2014

Nel paese delle meraviglie

Con un balzo in avanti siamo entrati nell'era Renzi, nel tempo di un esecutivo fatto da giovani, che dovrà governare paradossalmente un paese che sta invecchiando. Quale sarà la cura del nuovo premier contro i radicali liberi? Probabilmente a questo Renzi non avrà pensato. Per il resto,  sembra avere le idee chiare su tutto. Cosa aspettarsi in più da questo Governo “politico” (precisazione dello stesso Premier), nato però senza elezioni, e con un sodalizio tra il partito democratico e il nuovo centro destra? Intanto, sembrerebbe marginale  il ruolo di Angelino Alfano e company. Certo è, che dopo Bersani un passo è stato fatto in avanti dal partito democratico: il nemico numero uno non è più Berlusconi ma Grillo e il suo Movimento 5 Stelle, l'unico che potrebbe portare via i voti. E il ruolo di Berlusconi in tutto questo? Naturalmente,  stare a guardare  per poi raccogliere il bottino di  guerra, magari già alle prossime Europee di maggio. Questo accade nel Paese ideale delle meraviglie. Nel Paese reale, invece, si continua a morire per mano di una cartella di Equitalia; i trentenni rimasti in Italia vivono a casa con i genitori e, buon per loro, percepiscono la loro paghetta; chi ruba va in carcere, ma solo se italiano. Si continuano a pagare le tasse anche per servizi pubblici inesistenti, come l'illuminazione carente in molti quartieri della capitale. Lasciano il territorio nazionale le imprese, ma continuiamo ad essere contattati dai nuovi call center, dislocati magari in Albania, dove se un operaio viene pagato più o meno 200 euro al mese, non osiamo azzardare ipotesi sullo stipendio di un povero operatore telefonico. E noi, con tutti i laureati mandati a casa che hanno fatto questo mestiere per anni nell'attesa di un posto migliore, dovremmo continuare ad ascoltarli? Se il pessimismo mina la fiducia e il progresso, e se per uscire dalla crisi serve autostima come ha ben detto il Commissario agli Affari Economici Europei, è anche vero che per capire questo dovremmo sentirci, ancor più che italiani, cittadini europei. L'Europa è fatta, bisogna fare gli europei.
Angela Francesca D'Atri (editoriale La Voce dei Castelli- marzo 2014)