mercoledì 9 dicembre 2015

Natale con la paura: l'Islam non è una minaccia, il terrorismo sì

Natale è vicino, con i suoi colori, le sue luci e i tanti presepi. Anche se i Natali degli ultimi anni, complice la crisi economica, sono diventati sempre più frugali e con sempre meno valori cristiani, il periodo natalizio conserva il suo fascino. Certo è che il declino morale è ormai sotto gli occhi di tutti, si tinge di corruzione, infedeltà, odio e tanta superficialità che corrode i rapporti interpersonali.

Eppure proprio adesso, in questo momento moralmente buio, siamo chiamati a riflettere sul valore della nostra fede, ora che il Papa ha dato inizio al Giubileo, ora che la Jihad  (la guerra santa) dell'Isis minaccia l'occidente democratico e cristiano. Ritorna in tutta la sua sconvolgente attualità la millenaria lotta tra Europa e Islam, con scenari da incubo per i civili dell'uno e dell'altro fronte.

 A guardare con occhio filosofico la vicenda, siamo consci che la guerra, qualunque ne sia il movente, fosse anche quello religioso, non garantisce il paradiso e porta solo l'inferno in terra. Seppur mascherata da valori ultraterreni, impastata di sedicente e ammaliante propaganda, la guerra ha le sue ragioni economiche. Il momento è terribile. Qualcuno avverte nei fatti di Parigi l'incipit di una terza guerra mondiale, appellandosi tra l'altro alla sconvolgente profezia di Nostradamus che parlò di una grande guerra che sarebbe partita dalla Francia e che avrebbe portato alla distruzione di Roma.

Dopo gli attentati di Parigi, ci sentiamo insicuri. A Roma, l'83% dei cittadini ha paura. Abbiamo preso coscienza di quello che sono capaci di fare i terroristi e siamo diventati di colpo fatalisti, del resto solo la sorte può salvarci da un attentato. La nostra libertà non si discute, i nostri valori democratici vanno difesi, non possiamo rinunciare alle nostre conquiste, tanto meno chiuderci in casa per paura. E' tempo di fare la differenza, non tutti i musulmani sono terroristi. E' importante, però, tenere gli occhi ben aperti, fare attività di profiling, collaborando con le forze dell'ordine. L'Islam non è una minaccia, il terrorismo sì.

Angela Francesca D'Atri
Editoriale La Voce dei Castelli (dicembre 2015)

giovedì 5 novembre 2015

Ladri e cittadini: sparare migliorerebbe la situazione?

Siamo arrivati a questo, a mettere sul tavolo delle discussioni una pistola. Il tema è abbastanza dibattuto nei salotti televisivi. Il motivo è presto detto. Non siamo più in un periodo di guardie e ladri, ma oggi, come nel far west, ci sono i cittadini pronti a difendere con il fuoco la loro proprietà. A monte di tutta la vicenda, ci sono delle incontrovertibili verità: i furti nelle abitazioni sono aumentati nel 2015, le statistiche ne contemplano uno ogni due minuti; i ladri non hanno paura delle guardie; gli apparati di sicurezza sembrerebbero non essere in grado di garantire la tranquillità cittadina; dulcis in fundo, la mancanza della certezza della pena. Un mix esplosivo che porta direttamente in campo da guerra i cittadini da una parte e i ladri dall’altra. 

Dalle cronache giornalistiche, apprendiamo che a volte a rimetterci la vita sono i cittadini. Tanto per citare un caso, ricordiamo l'episodio di crudeltà di quel ladro che, entrato per rubare nella villetta di due anziani a Catania, lo scorso agosto, li ha uccisi con una violenza inaudita. Altre volte a rimetterci la vita è il ladro, come è successo qualche settimana fa nel milanese, dove un pensionato ha sparato ad un giovane ladro, ora è indagato per omicidio volontario. Una guerra silenziosa si combatte quotidianamente nelle case degli italiani, tanto che non vi è esagerazione nel sostenere che la situazione stia sfuggendo di mano allo stato. 

Ma è giusto farsi giustizia da sé? Quanto possono servire le ronde cittadine e la solidarietà tra vicini per scongiurare questa continua intrusione nelle nostre case? Interrogativi che contemplano possibili soluzioni e che però mettono in risalto la totale incapacità dello stato e delle amministrazioni locali nel fronteggiare l'aumentata microcriminalità. Se socialmente è interessante capire a cosa sia dovuta questa emorragia di furti (aumento della povertà?), d'altra parte emerge la paura di scoprire un ladro nella propria abitazione, e nel caso cosa fare? Chi ha una pistola o un fucile, deve preoccuparsi di dosare paura e rabbia cercando di non uccidere l'invasore, facendo leva sulla sola lucidità. Chi però in casa non ha un'arma, e magari fa parte di una delle categorie deboli della società, cosa può fare?

 In altri stati e altri continenti, si può dormire con la porta aperta, tanto c'è la certezza della pena, magari quella incontemplabile di morte. Senza arrivare a tanto, forse è il caso, sì, di rivedere la legislazione italiana sulla legittima difesa, ma anche di migliorare l'apparato di sicurezza mettendolo nelle condizioni di operare al meglio, e poi che si agisca per garantire la certezza della pena. Da ultimo, e forse andando alla radice del problema, non sarebbe il caso di mettere un po' di ordine tra i tanti immigrati irregolari e apolidi? Se l'Italia è diventata una giungla, non lamentiamoci poi che homo homini lupus.

Angela Francesca D'Atri - La Voce dei Castelli,  editoriale novembre 2015



martedì 13 ottobre 2015

La politica al tempo di Facebook


Gli italiani saranno pure menefreghisti, ipocriti o bonaccioni di persona, ma su Facebook danno il meglio di loro. Soprattutto quando si tratta di personaggi politici da contestare, così tanto per partito preso, perché oggi va di moda andare contro. Il sindaco di Roma ne sa qualcosa, non può più permettersi di fare un viaggetto in America con o senza invito del Papa, di dire di non sapere qualcosa come ad esempio nel caso del tanto eclatante funerale show dei Casamonica a Cinecittà, che subito gli piovono addosso milioni di commenti, tantissimi cattivi e sarcastici mentre lui stava semplicemente “scrivendo qualcosa” sulla sua fanpage. O come è accaduto, anche se con minore enfasi, sulla pagina dell'ex sindaco di Marino, Fabio Silvagni, dopo la notizia del suo arresto. Molti utenti magari si trincerano sotto falsi profili e codardamente attaccano vip, politici, insomma chi in qualche modo era sulla cresta dell'onda ed è appena finito in disgrazia.

 Qualcuno può anche ben pensare che questo “luogo non luogo” di Facebook rappresenti un posto positivo dove confinare la rabbia collettiva, di questo si tratta, perché qui finisce una contestazione che altrimenti sarebbe potuta esplodere nelle piazze. Ma mentre in piazza si cambia la storia, su Facebook nel momento che si schernisce, ci s'impoverisce interiormente e si perdono solo di vista certi valori. E' tutto uno sterile bluff. Un gioco in cui gli stessi avversari politici con annessi collaboratori si sfidano quotidianamente, perdendo di vista il contesto reale. Perché dalle chiuse stanze della politica, sebbene rischiarate dal lumicino di Facebook, s'intravede a stento quello di cui i cittadini hanno veramente bisogno. Il modo di esprimersi sui social in maniera diretta, senza più alcun filtro giornalistico, ha i suoi lati positivi senz'altro, ma trova i suoi limiti laddove proprio la situazione una volta sfuggita di mano è fuori controllo. Ed è inutile per il politico sotto attacco anche solo ribellarsi se i propri post sono presi di mira da commenti non proprio carini. Il popolo dei social si diverte così. E' come un'arma a doppio taglio, un gioco che non si sa dove porterà, al punto che non si capisce più se si è burattinai o semplici burattini. 
Angela Francesca D'Atri - editoriale La Voce dei Castelli, ottobre 2015

Migranti disperati, italiani arrabbiati




L'emergenza migranti è sfociata in Europa. E' un fiume in piena che nessun argine potrà arrestare. E non servirà costruire nuovi muri. Così l'estate 2015 sarà ricordata come una delle più calde, non solo per le alte temperature che pure non ci hanno dato tregua, a parte qualche sparuto e tempestoso giorno di pioggia, ma per le tragedie immani che si stanno consumando sotto i nostri occhi. Mentre qualcuno parla di nuovi lager, molti profughi dicono di non aver nulla da perdere, di aver già perso tutto. L'Europa è la speranza di una vita senza guerre e sangue, senza timore di essere perseguitati. Oltre ai profughi e ai richiedenti asilo ci sono tanti altri disperati che lasciano il loro paese con la speranza di un domani migliore, pagano un'ingente somma per un viaggio rischioso in mare con la speranza di un lavoro. Quelli sulle cui spalle la criminalità fa da anni grossi affari.

Molti lavorano per pochi euro al giorno, al Sud sono impiegati nei campi, vittime dei nuovi caporali, e per loro nessuno fa nulla. Non ci si accorge del loro sudore o di come vengono usati dalla malavita, strumentalizzati e piegati. Dall'inizio del 2015 ci sono stati 686 sbarchi, nel nostro Paese sono arrivati 116.127 migranti in otto mesi, 94mila dei quali sono ospitati in strutture statali. Al momento si stanno ricercando altri 20 mila posti per i migranti attesi per i prossimi mesi, le regioni che dovranno ospitarli sono le più popolose tra cui Lazio, Sicilia e Lombardia.

Gli italiani, vittime spesso di furti e rapine sembrano chiusi nel loro egoismo, sembrano diventati razzisti, ma sono solo arrabbiati e se la prendono con la politica dell'accoglienza perché la mancanza di adeguate risposte delle istituzioni, lo scaricabarile tra Italia e Europa, non aiuta l'integrazione. E può succedere che delitti efferati come quello avvenuto nel catanese lo scorso 30 agosto suscitino lo sdegno collettivo, per come è avvenuto, per chi lo ha perpetrato, per pochi beni trafugati, per le vite ingiustamente e brutalmente spezzate.  La percezione diffusa è che non ci sia più il controllo della situazione o che stia sfuggendo rapidamente dalle mani. La miccia è ormai accesa o si fa subito qualcosa o nessuno potrà scongiurare il peggio.
Angela Francesca D'Atri (editoriale La Voce dei Castelli - settembre 2015)

martedì 21 luglio 2015

Luglio con il bene che ti voglio, aspettando i bilanci

Luglio “si veste di novembre” per comuni dei Castelli Romani in difficoltà con i bilanci di previsione d'approvare entro fine mese. Dieci sindaci, tra cui il neo eletto Nicola Marini, si muniscono di carta e penna e scrivono una bella letterina al premier Renzi. In cassa non ci sono i soldi sufficienti a garantire i giusti servizi ai cittadini, a rischio i trasporti e il settore socio-sanitario. Che beffa, dopo che abbiamo pagato proprio a giugno tasse salatissime sulla casa!

Colpa dei mancati trasferimenti governativi, colpa della decurtazione della quota Imu che spetta ai Comuni. Ma non eravamo fuori dalla crisi? Qualcosa che non va in questo sistema c'è ed è ormai evidente. Più i cittadini pagano e meno i servizi vengono garantiti. E mentre qualcuno è già abbronzatissimo, la maggior parte dei cittadini aspetta di “ritrovare il sole” di luglio. Il momento è delicato, la crisi greca non fa dormire sonni tranquilli. Agita. L'Europa pretende e l'Italia dà in cambio riforme, mentre tagliano posti letto in ospedale, chiudono reparti, le strade sono ridotte a colabrodo, il trasporto pubblico è scadente e la sicurezza altamente insufficiente, con le discariche abusive che proliferano e l'illuminazione fatiscente.

 Possiamo essere ottimisti e sperare che questo nostro stringere la cinghia, naturalmente tappandoci gli occhi per non vedere la corruzione generalizzata, dia al Paese la possibilità di un futuro migliore. Ma è sempre la stessa storia, l'Italia non c'era ed andava fatta, dell'Europa c'era l'idea e purtroppo quella rimane. Se ci hanno tolto il sole di luglio, aspettiamo le stelle cadenti di agosto. C'è ancora spazio per i desideri. Buona estate.
Angela Francesca D'Atri (editoriale luglio 2015 - La Voce dei Castelli)

venerdì 8 maggio 2015

L'insostenibile leggerezza della corruzione italiana


Siamo sfiduciati se la politica non ci rappresenta più. Scandali quotidiani da nord, passando per il centro, al sud. E' sempre la stessa storia: tangenti, regali, favori a familiari ed amanti, lavori fatti male in barba ai cittadini onesti che vorrebbero vivere serenamente, lavorando e pagando le tasse, in cambio di strade senza buche, illuminazione anche in periferia, acqua potabile, corretta gestione dei rifiuti e di tutti gli altri servizi che vorremmo avere. Ma come mai oggi il mondo della politica ha raggiunto un tale livello di corruzione? Quali sono gli ingranaggi che permettono uno status quo così aberrante? La questione risiede a monte. A sostenere la corruzione siamo noi quando accettiamo passivamente tutto quello che accade. Qualcuno, senza meno, non ha votato l'attuale Governo o l'attuale amministrazione di questo e di tal paese, ma non possiamo stare lo stesso tranquilli, non è la scelta del colore politico a salvarci dalla corruzione se ormai si registra un totale scadimento dei valori di chi fa politica. Quando non interessa più di fare il bene del popolo, ma intascare mazzette per il proprio tornaconto, far assumere i propri parenti o a avvantaggiarli nelle proprie imprese, quando questo non è più l'eccezione, ma la norma, non possiamo che constatare il fallimento dell'attuale sistema, o lo si cambia o finirà per fagocitarci. Senza scadere nella demagogia o in frasi fatte da bar, dobbiamo chiederci cosa realmente facciamo nel nostro quotidiano per migliorare il nostro Paese. Amara è la constatazione che lo scadimento della politica sta portando la massa ad allontanarsene sempre di più, facendo così il gioco dei corrotti che finiranno per votarsi da soli. Ricordiamoci che dietro ogni male italiano, c'è solo una parola: corruzione. Dall'arrivo dei barconi degli immigrati ai campi nomadi abusivi, se cade un ponte, se in un terreno vengono interrati rifiuti tossici dietro, c'è solo malaffare e politici collusi. Non basta cambiare canale, non comprare i giornali, non leggere le notizie su internet, non votare, il fallimento del sistema lo percepiamo e ne subiamo le conseguenze nel nostro quotidiano quando non possiamo più lasciare con tranquillità le nostre case per la grande incidenza dei furti, se veniamo accerchiati e derubati dai rom nelle metropolitane, se non possiamo più mangiare cibi sani. Dentro di noi conosciamo la verità ancor prima che arrivi la magistratura a fare il suo corso, eppure continuiamo a portare passivamente sulla groppa l'insostenibile leggerezza della corruzione italiana. Una bastonata e una carota e si va avanti. Così è se vi pare.
Angela Francesca D'Atri (editoriale maggio 2015 La Voce dei Castelli)



domenica 19 aprile 2015

Scuola: vacanze ridotte, la punizione del ministro Poletti

Ancora un Ministro che vorrebbe mandare i giovani a spostare cassette della frutta! A poco più di due mesi dalla chiusura dell'anno scolastico, arriva la proposta choc del ministro Poletti di ridurre i tre agognati mesi di vacanza a uno, proponendo agli studenti di dedicarsi a spostare cassette della frutta, come hanno fatto i suoi i figli, che agendo così “Sono venuti su normali, non sono speciali”. Scagli la prima pietra, chi non ricorda con piacere le estati da bambino o da ragazzo, erano tre mesi, a volte quattro, che sembravano eterni, si partecipava di più alla vita familiare, si aiutava mamma e papà nelle mille incombenze quotidiane. Il figlio del contadino andava in campagna a svolgere piccoli lavoretti campestri, il figlio del meccanico imparava il mestiere, idem per il figlio del falegname, le femmine rimanevano a casa a imparare a fare il bucato, l'uncinetto, a cucire, stirare. Poi si aprivano i libri e si eseguivano i compiti per le vacanze assegnati da scrupolosi maestri. Perché i ragazzi di oggi, invece di dedicare il proprio tempo libero estivo a se stessi e alla famiglia, dovrebbero andare a scaricare cassette della frutta? Sarebbe molto più bello che in estate i ragazzi spendessero qualche ora al volontariato, insegnando agli adulti il rispetto per gli altri e per la natura. O se così non fosse, a volte anche qualche giorno di ozio può giovare alla crescita interiore. Poi del resto, sono tanti i ragazzi che già lavorano per dare un aiuto in famiglia, per regalarsi una vacanza o solo per disporre di un budget maggiore per uscire con gli amici. Per dirla con le parole di Poletti, “non è un obbligo fare tre mesi di vacanza”, ma senz'altro un diritto acquisito nel tempo che in passato non ha creato problemi. Il lassismo odierno non si raddrizza di certo con punizioni dell'ultima ora.
Angela Francesca D'Atri (editoriale - aprile 2015 La Voce dei Castelli)

lunedì 23 marzo 2015

Vandalismo e insicurezza: chi paga per l'inciviltà?

Le scene di qualche settimana fa a piazza di Spagna suscitano orrore solo a ripensarci, è inaccettabile che violenti tifosi in preda ai fumi dell'alcool abbiano potuto oltraggiare la Barcaccia del Bernini, opera d'arte di incommensurabile valore artistico restaurata con fondi privati da qualche mese. Eppure il vandalismo unito alla noncuranza si perpetua quotidianamente sotto i nostri occhi, anche se con toni meno accesi. Non suscitano sdegno ad esempio le tante discariche dovute all'inciviltà dei cittadini che insudiciano luoghi d'incomparabile bellezza, i rifiuti rovinano tanto per dirne uno il suggestivo panorama della via Dei Laghi. Nessun rispetto per la bellezza dei nostri luoghi, di palazzi storici e mura antiche quando vengono violentati con scritte dei writer che nulla hanno di artistico, e poi si abbandonano tristemente al loro lento declino. Siamo un paese ricco di arte e del cui valore non siamo consci. Fa pensare che le gesta degli ultrà del Feyenoord abbiano fatto prendere coscienza sulla mancanza di sicurezza del nostro patrimonio artistico-storico, e che si sia deciso solo ora di video sorvegliare i monumenti più visitati della capitale. E ancora fa pensare che solo queste azioni violente abbiano aperto la mente di tanti italiani che ignorano e non si sono mai interessati di conoscere le bellezze che gli antichi maestri ci hanno lasciato. Tornando alle azioni violente di Campo de Fiori e di Piazza di Spagna, è opportuno segnalare che abbiamo puntato il dito contro la mancanza di sicurezza, ci siamo arrabbiati mentre ognuno nel suo cuore sapeva bene chi avrebbe dovuto pagare, poi ciascuno è tornato ad essere quello di ieri in dubbio ancora su quale testa dovrà cadere. Non ne cade nessuna. Nel frattempo, mentre i tifosi olandesi dopo qualche notte in carcere rimpatriano, l'Isis minaccia di essere alle porte di Roma. Ma questa è un'altra storia, anche se con queste premesse mala tempora currunt.
Angela Francesca D'Atri (editoriale La Voce dei Castelli - marzo 2015)

martedì 17 febbraio 2015

Noi insicuri e indifferenti nelle fauci del ladro


Quando siamo a casa o sul posto di lavoro, se usciamo in macchina, a piedi o sull'autobus, sempre più spesso ci sentiamo insicuri. Il problema è maggiormente avvertito dalle fasce più deboli della popolazione. Anziani, donne e bambini finiscono nelle fauci di un nemico che rimane sempre più spesso impunito. 

Cresce il disagio nei nostri paesi e nelle nostre città dove non c’è lavoro per tutti, dove cominciano  a mancare le tutele, dove la gente, molti italiani e tantissimi stranieri, non sa più dove prendere i soldi per vivere e allora ecco l’impennata di furti negli appartamenti, nei negozi, alle fermate degli autobus, per le strade, in metropolitana. Colpisce la malvagità di questi delinquenti che spesso picchiano e uccidono davvero per pochi euro. La cronaca delle ultime settimane lascia attoniti.

 Il problema è complesso, da una parte questi ladri e truffatori non pagano per quello che fanno, dall’altra se vanno in prigione escono subito dopo, le pene sono sempre meno severe, le carceri scoppiano. Sul banco degli imputati finiscono gli stranieri, ma sono ladri e truffatori anche gli italiani, è evidente però che  la crisi economica non ci permette più di accogliere. La microcriminalità è uno dei maggiori problemi con cui deve fare i conti il cittadino comune, quello che spesso non arriva più neanche alla fine del mese. L’insicurezza è uno dei peggiori mali di questa età che ben possiamo assimilare alla decadenza dell’Impero Romano. 

Eppure perché prendersela solo con le leggi che non ci tutelano, con le politiche di accoglienza degli stranieri, con i nostri amministratori che non illuminano le strade, con le pene irrisorie, con le carceri che scoppiano? Per carità, queste problematiche vanno affrontate, oggi però voglio puntare il dito contro di noi, noi che aspettando un autobus assistiamo indifferenti allo scippo di un’anziana e non le prestiamo soccorso neanche quando si accascia per terra. Noi che sentiamo qualcosa di strano, a casa del vicino, forse i ladri, e tra noi e noi pensiamo: “Che importa, tanto non è a casa nostra”. Noi che dentro un autobus assistiamo indifferenti al solito furto del portafogli fingendo di non vedere e a ladro sparito in coro diciamo: “Cosa ti ha rubato?”. 

Noi che che non sappiamo più cos’è la solidarietà, e diventiamo facili prede dei malviventi, noi che non abbiamo riflettuto abbastanza sul fatto che domani potrebbe capitare a noi. Questa mancanza di valori è il terreno fertile su cui nasce il seme della microcriminalità. E come diceva una vecchia canzone, ricordiamo che gli altri siamo noi.
Angela Francesca D'Atri Editoriale - La Voce dei Castelli , febbraio 2015

domenica 11 gennaio 2015

Anno che viene, bicchiere mezzo pieno

Con il nuovo anno, è d'obbligo vedere il bicchiere mezzo pieno. Dunque perché non guardare dal punto di vista dei super ricchi, cioè con gli occhi delle persone che nella nostra Italia della crisi possiedono oltre 50 milioni di dollari? A 3.322 italiani (a tanto ammontano i super ricchi secondo Wealth Report 2014 del Credit Suisse) poca importa dei nuovi rincari, loro sanno come far quadrare i conti e come guadagnare.  Mentre la maggior parte di noi si lamenta dei licenziamenti, delle tasse, delle pensioni, degli affitti, delle case svalutate, loro se la spassano. Ma allora è possibile arricchirsi nonostante la crisi? Evidentemente sì. La classe media con gli occhi foderati di prosciutto si è già impoverita e si sta  deupaperando ulteriormente in favore di questi pochi ricchi. Qualcosa che non va nel nostro paese deve esserci, se ci governa un Presidente del Consiglio impostoci da primarie di partito e abbiamo avuto un Presidente della Repubblica che ha superato il settennato previsto dalla Costituzione, la legge fondamentale della Repubblica per sua natura rigida. Alla luce di questi gravi fatti, la nostra Carta costituzionale appare agli occhi di chi l'ha studiata solo carta straccia. E' evidente che è un potere oscuro che detiene le sorti del paese, ed è di questo che dobbiamo prendere coscienza, per difendere i nostri diritti ancora prima del nostro orticello.
Angela Francesca D'Atri (editoriale La Voce dei Castelli, gennaio 2015)