giovedì 9 ottobre 2014

Il lavoro che non c'è, con o senza articolo 18

Si parla tanto in questi giorni di articolo 18, l'articolo dello Statuto dei lavoratori che divide il Pd e fa andare in fibrillazione i sindacalisti. E loro i lavoratori? Come ormai tutti sappiamo, sono una specie in estinzione. Almeno quelli che possono appellarsi all'articolo 18. Gli occupati italiani diminuiscono giorno per giorno, all'orizzonte nessun dato confortante a parte qualche segno di stabilità per i più vecchi, ma i giovani rimangono lì con la valigia a portata di mano. Ritornando all'articolo 18, senza entrare nel merito se sia giusto o meno licenziare, ma sembra possibile che in un momento di grave disoccupazione si pensi solo a dare questa tanto anelata libertà al datore di lavoro? Possibile che si voglia salvare la pelle ai pochi, mentre l'Italia intera affoga? Possibile che si passino intere settimane a discutere di un articolo e non si creino situazioni che possano davvero risollevare l'economia? Ripeto, senza entrare nel merito, per carità, potrebbe essere pure giusto, del resto il fatto che il premier voglia anche cancellare i Cococò e i “Coccodè” gli fa onore. Però il dubbio viene. Non è che il fine ultimo sia creare una figura ibrida di lavoratore che abbia sempre meno diritti? Ricordiamoci che molti “gioiellini” dell'impresa italiana hanno lasciato il suolo nazionale, e questo non è accaduto di certo per l'articolo 18. Ci sono due parole da tenere a mente: tasse e credito. Ma si pensa solo ad azzoppare il lavoratore. Anche se a guardar bene, dopo tante parole, il tanto sospirato stravolgimento dell'articolo 18 non ci sarebbe, al momento cambierebbe solo una piccola clausola. Come scrive il Corriere della Sera (edizione online del 30 settembre): “Le aziende in difficoltà potrebbero «pagare» per mandar via il lavoratore senza rischiare il reintegro. Con un’incognita però. Davanti al giudice, il lavoratore potrebbe sempre dimostrare che si è trattato di un licenziamento se non discriminatorio almeno disciplinare e tentare così la strada del reintegro”. Proprio il caso di dire, tanto rumore per nulla, se questo non è teatro è di certo il solito teatrino della politica.
(Angela Francesca D'Atri - editoriale la Voce dei Castelli, ottobre 2014)