giovedì 7 novembre 2013

Politica: la frammentazione partitica fa bene alle nostre tasche?

La politica non appassiona più. A guardare bene, però, eccome se appassiona! Se non appassionasse, come potremmo spiegarci la gran parte dei programmi tv a sfondo politico e le pagine e pagine scritte su internet? Non è vero che i nostri pensieri sono liberi. Sanno come abbindolarci se vogliono. Ci sono movimenti ed associazioni che dicono di non voler fare politica, ma di ricercare il bene comune, costruiscono pagine su facebook e cercano consensi. La grande verità di sempre è che anche se l’uomo vuole stare fuori dalla politica, la politica s’interessa di lui. Così, la confusione che oggi viviamo a livello politico sembra architettata ad hoc per ricondurre all’ovile la pecorella popolo smarrita. Cambiano solo nome i partiti, si dividono gli uomini, ma le coalizioni e i volti sono sempre quelli. Un’epoca però è finita. E non termina di certo oggi con la vicenda giudiziaria di Berlusconi e delle dissidenze nel suo partito. La vera rivoluzione del bipolarismo si è già compiuta con la nascita del terzo polo di Grillo. Il big bang della politica nostrana sta producendo i suoi effetti: la frammentazione dei partiti. Ma gli italiani vogliono questa frammentazione e, soprattutto, fa bene alle nostre tasche? Per strada s’incontra solo gente delusa, chiusa nel proprio individualismo, gente che vive e lascia vivere e che si arrabbia solo a parole, pronta però, e c’è da scommettere, ad essere nuovamente gabbata. I giovani non alzano la voce, sono massa silente, la nuova frontiera di chi utilizza il web per fare proseliti. In questa fase decadente, mai come oggi, avremmo bisogno di filosofi che sappiano creare momenti di riflessione. Ho sentito un giovane dire in tv, quasi come fosse una resa: “Non possiamo cambiare il mondo, ma non facciamoci cambiare da esso”. “Cambiare il mondo è quasi impossibile”, fa eco l’ultima canzone di Vasco, ma almeno continua: “Si può cambiare solo se stessi, sembra poco ma se ci riuscissi, faresti la rivoluzione”. Sembra assodato che una rivoluzione in Italia non la voglia nessuno, ognuno sta lottando solo per difendere il suo orticello. Chissà se almeno a livello locale la gente riesca ad aprire gli occhi e a smettere di tapparsi le orecchie.
Angela Francesca D'Atri (editoriale La Voce dei Castelli - novembre 2013)