mercoledì 17 giugno 2009

THE SOUND OF UNIVERSE - DEPECHE MODE


“Sono nato sotto il segno sbagliato, in una casa sbagliata, sotto l’ascendente sbagliato…”. “Wrong”, humor nero alla Depeche Mode. E non poteva essere altrimenti per il gruppo di Basildon che, imboccando “la strada sbagliata, usando un metodo ed una tecnica sbagliata”, è riuscito a trovare ancora una volta il suono giusto. “The sounds of the Universe”, l’ultimo lavoro dei Depeche Mode non delude i vecchi fan che li seguono ormai da 30 anni, quelli che negli anni ‘80 hanno amato il loro elettropop, la melodiosa inconfondibile voce di Martin Gore e quella più decisa e morbida di Dave Gahan. Alcuni fan si sono persi per strada, è vero, ma molti altri hanno apprezzato le cadenze dark degli anni ’90 di “Faith and devotion” o di “Ultra” con canzoni come “Sister of night”. I Depeche Mode hanno conquistato infine nuovi sostenitori con l’inconfondibile stile del ritmato “Playng the angel” del 2006, con canzoni di un certo spessore come “Suffer well”, accrescendo anche in Italia la loro fetta di pubblico. Se si pensa che durante il tour del 1993 nella capitale, al Palaeur, erano presenti pochi e selezionatissimi fan, 13 anni dopo nel 2006 all’Olimpico lo stadio era pieno e oggi sono una celebrità. Biglietti esauriti per le due date italiane del tour, Roma e Milano. La grande attesa per un concerto che ha rischiato di essere annullato dopo l’operazione di Dave Gahan per un tumore alla vescica. Il cantante é si era sentito male lo scorso maggio appena prima di un concerto ad Atene. In tutto, hanno dovuto annullare dodici date. Ultima delle tristi vicende che hanno contraddistinto la storia personale del cantante britannico che, nel 1996, tentò finanche il suicido dopo essersi separato dalla moglie. Oggi, emozionano testi come “Peace”, ultimo estratto di “Sounds of the universe” uscito in Europa lo scorso 15 giugno, dove il tema della pace e della non violenza si confonde alla ricerca di una pace interiore. Ancora una volta è l’idea del movimento, il tema del viaggio che non ha mai abbandonato il gruppo britannico, a caratterizzare i video delle loro canzoni: un mezzo militare in “Peace”, la macchina nera in “Wrong”. Certo, un passo molto avanti rispetto a quegli anni in cui canzoni come “A question of time”, “Strangelove” o “Master and servent” facevano pensare a tempi e a viaggi più tranquilli, con galletti in fuga e affascinanti cowboy come in “Never let me down again”. Video rassicuranti e scanzonati, mandati in onda da Deejay television, con foto di panorami tecnologici e con cartelloni luminosi nel deserto o antenne elettriche che si stagliavano artisticamente contro l’azzurro del cielo. Paesaggi che hanno fatto sognare una generazione di 15enni. Oggi canzoni come “Wrong”, “Fragil tension”, “In chains” fanno emergere la sofferenza del destino umano scritto nei geni che ognuno di noi si porta dentro. Sono testi maturi, di una calma tormentata ma dal sound irresistibile, in cui non è difficile trovare il filo conduttore in canzoni mai passate di moda, come la vecchia “Stripped”, che setacciano a fondo il nostro essere, sotto la pelle, fino alle ossa per arrivare all’essenza.
Angela Francesca D’Atri

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